“I servizi per l’infanzia a Trieste non esistono” – Ne parliamo con Benedetta Gargiulo

Oggi è la volta di Benedetta Gargiulo, titolare dell’agenzia GB Comunicazione e blogger molto attiva e seguita nel suo “avamposto” online: Donne in Ritardo

Chi sei? E cosa ci fai in un’intervista a proposito di mamme e servizi per l’infanzia?
Sono una donna, italiana, di 35 anni, con due figli e un lavoro autonomo. Quindi faccio parte a pieno titolo di una categoria svantaggiata. Svantaggiata anche solo in confronto a un uomo, italiano, di 35 anni, con due figli e un lavoro autonomo.

Il mio lavoro autonomo, prima dei figli, consisteva nella gestione di un’agenzia di comunicazione. Rapporti con i clienti, trasferte, aggiornamenti, gestione di campagne creative, amministrazione della società. Dopo il primo figlio, il lavoro è diventato: gestione delle campagne creative e amministrazione della società. Dopo il secondo figlio, il lavoro è diventato: scrivere un blog sulla difficoltà che hanno le donne a condurre una vita normale pur avendo dei figli. O, semplificando, sulle difficoltà che hanno le donne, punto.

Il lavoro che facevo prima, oggi, lo fa interamente il mio socio. Maschio ovviamente. Perennemente incazzato (si può dire incazzato?) perché dice che io faccio la bella vita. Sono finita a fare questa intervista perché me lo merito. E, visto che di fatto non ho più un lavoro, mi offro anche come assessore alle politiche sociali (esiste?).

Sei soddisfatta della condizione attuale dei servizi per l’infanzia nella città di Trieste?
I servizi per l’infanzia a Trieste non esistono. Ovviamente parlo dal mio punto di vista. Si dà per scontato che i lavoratori autonomi siano ricchi – cosa molto lontana dalla realtà – e quindi non vengono considerati dalle politiche sociali. Per fare solo un esempio, una madre dipendente ha diritto a 5 mesi di maternità pagata, mentre io, in quanto autonoma, ho ricevuto dall’INPS, più o meno 4 mesi dopo il parto, un assegno di circa 3.000,00 euro come indennizzo per il “lavoro non svolto”. Non so su che basi sia stato effettuato questo calcolo. Sicuramente non sull’effettivo mancato guadagno. Questo implica che le donne che scelgono la via del lavoro autonomo, se vogliono continuare a lavorare, non devono fare figli. A parte ciò, già il fatto che non ci siano asili nido per tutti i bambini che lo richiedono, è una grave lacuna. Chi resta fuori dalle graduatorie non sono soltanto i famosi “ricchi” che si possono permettere una tata full time, ma soprattutto famiglie normali che hanno un banale lavoro, con un banale stipendio e che non sono state sufficientemente scaltre da dividere le residenze dei rispettivi genitori in modo da far risultare la madre da sola. L’asilo nido dovrebbe essere un diritto di tutte le famiglie, a prescindere dal reddito. Per me questo è un concetto fondamentale: l’asilo nido non deve essere un lusso. Deve essere gratuito e disponibile per tutti. Perché ogni famiglia deve poter avere la possibilità di continuare a gestire i propri lavori senza doverli ricontrattare con la nascita dei figli. Anche nel caso di una famiglia abbiente, sarebbe socialmente sbagliato fare il ragionamento “La madre può stare a casa col bambino, perché tanto si può permettere di non lavorare”. Dobbiamo smetterla di considerare il lavoro solo come fonte di reddito. Il lavoro è anche realizzazione personale e diritto di ogni individuo (donne comprese). Mi sembra un concetto sufficientemente di sinistra, oltre che costituzionale, no? Le donne devono poter avere la stessa identica libertà di lavorare che hanno gli uomini. Anche dopo aver partorito 16 figli. E lo Stato e le amministrazioni locali devono occuparsi di tutti i servizi necessari a rendere possibile questa cosa.

Nella pochezza esistente, c’è poi un ulteriore problema, che è quello degli orari degli asili. Ormai nessuno finisce di lavorare alle 16 del pomeriggio. Quindi chi va a prendere i bambini in asilo? Come fanno le commesse (e i commessi) dei negozi che a quell’ora appena cominciano il turno del pomeriggio? Come fanno gli impiegati che finiscono alle 17? Come fa la maggior parte della gente? In qualche modo fanno, ma di sicuro non con l’aiuto delle amministrazioni.

Poi potremmo anche parlare degli spazi dedicati ai bambini per il tempo libero, ma mi sembra meno prioritario rispetto all’urgenza di organizzare prima il tempo non-libero.

Quali sono gli aspetti che miglioreresti di questo servizio?
In conseguenza alla polemica precedente:

1) asili per tutti

2) orari flessibili che prevedano turni anche fino alle 20:00 di sera

3) gratuità del servizio

Non so come. Ci vorranno molti soldi. Non è un mio problema dover trovare una soluzione, perché ho eletto apposta dei rappresentanti che devono occuparsene a livello istituzionale. Vedete voi. Non so, fate una colletta.

Dai dati raccolti abbiamo notato che più o meno tutti denunciano dei servizi non in linea con i tempi della nostra società, in primis con gli orari flessibili del mondo del lavoro. Com’è la vita di un genitore senza nonni o come te la immagini?
Questa cosa dei nonni mi manda in bestia. Recentemente elogiati anche da Napolitano nella Conferenza sulla famiglia, i nonni sono diventati ormai degli ammortizzatori sociali. Mantengono i figli in percorsi di studio lunghissimi e iper specializzati (perché senza un master non vai da nessuna parte), mantengono i figli precari (stagisti a 40 anni, nonostante i master), mantengono i figli con le loro famiglie quando la crisi li lascia per strada, e in più, ovviamente, vanno a prendere i nipoti in asilo, li sfamano, li fanno giocare, li crescono mentre i genitori cercano di far quadrare le loro vite. In più, visto che i figli si fanno sempre più tardi, i nonni diventano anche mediamente più anziani, con tutte le difficoltà che ne conseguono. Non manca molto al paradosso che questi stessi nonni, chiusi ormai nelle case di riposo (che si pagheranno da soli), si organizzeranno per andare a occuparsi dei nipotini in quella che una volta era casa loro e in cui adesso vivono i figli precari. Vi sembra normale? A me no. I nonni vanno lasciati in pace e soprattutto liberi di stare con i nipoti quando lo desiderano e non per obbligo. Detto questo, senza i nonni la vita di un genitore è un inferno. E di conseguenza anche quella dei bambini, che vengono affidati a babysitter di passaggio, baby parking, amici, conoscenti e chi più ne ha più ne metta. Senza un punto fermo, senza sicurezze, ma soprattutto, con un dispendio di denaro spropositato.

Trieste secondo i dati recenti ha un’ottima qualità della vita ma ha la natalità più bassa d’Italia, come te lo spieghi?
Trieste è anche una città con un’altissima percentuale di anziani. E se i giovani in età fertile sono pochi, è anche normale che ci siano pochi figli. Economicamente poi, Trieste non offre sbocchi professionali adeguati: molte giovani menti vanno via, e figliano all’estero, o in altre città.

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